L’uomo d’ogni tempo
tratto da “L’uomo dal fiore in bocca” di Luigi Pirandello
Con: Alessandro Fulvio Bordigoni e Sergio Cugusi
Regia: Filippo Salaris
Aiuto regia: Alessandro Pani
Adattamento: Filippo Salaris e Alessandro Fulvio Bordigoni
Musiche: Alessandro Fulvio Bordigoni e Filippo Salaris
La vita non ha nessun valore in sé, ma quando l’individuo – sulla strada della morte – la osserva, anche i gesti quotidiani insignificanti acquistano un valore vitale.
Che cos’è la vita? Che cos’è la malattia? E che cos’è la morte? Che volto ha?
Da queste domande prende forma “L’Uomo di ogni Tempo”.
«Se la morte, signor mio, fosse come uno di quegli insetti strani, schifosi, che qualcuno inopinatamente ci scopre addosso… Lei passa per via; un altro passante, all’improvviso, lo ferma e, cauto, con due dita protese le dice: “Scusi, permette? lei, egregio signore, ci ha la morte addosso”. E con quelle due dita protese, la piglia e butta via… Sarebbe magnifica! Ma la morte non è come uno di questi insetti schifosi. Tanti che passeggiano disinvolti e alieni, forse ce l’hanno addosso; nessuno la vede; ed essi pensano quieti e tranquilli a ciò che faranno domani e doman l’altro.»
Il protagonista è un uomo malato di tumore (il fiore in bocca) e prossimo alla morte; questa sua situazione lo spinge a indagare sul mistero della vita e tentare di penetrarne l’essenza. Per chi, come lui, sa che la morte è vicina, tutti i particolari e le cose, insignificanti agli occhi altrui, assumono un valore e una collocazione diversa.
L’altro personaggio è un Avventore del caffè della stazione, dove si svolge tutta la scena; un uomo qualsiasi, che la monotonia e la banalità della vita pare abbiano reso scialbo, piatto e vuoto.
« Venga… le faccio vedere una cosa… Guardi, qua, sotto questo baffo… qua, vede che bel tubero violaceo? Sa come si chiama questo? Ah, un nome dolcissimo… più dolce d’una caramella: – Epitelioma, si chiama. Pronunzii, sentirà che dolcezza: epitelioma… La morte, capisce? è passata. M’ha ficcato questo fiore in bocca, e m’ha detto: – «Tientelo, caro: ripasserò fra otto o dieci mesi!»
La morte prevista e la morte imprevista.
Immaginarsi simile anche ad una stoffa significa affidarsi a cose, gesti, rituali che sembrano eterni.
La vita vera non la si conosce, però si sente il bisogno di viverla e disprezzarla quando la morte è prevista, con “quel poco di movimento e calore che ci resta in corpo”.
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